L’ondata di violenza anti-americana caratterizzante il mondo arabo dà un’immagine antitetica rispetto a quello spirito democratico emerso con gli avvenimenti della Primavera araba. I Paesi dell’area sembrano infatti ripiombati in uno stato
di insofferenza, in cui anche la convivenza civile è pura utopia.
Sul fronte internazionale, le innumerevoli manifestazioni di protesta stanno minando la stessa tenuta dei governi. Forse proprio Barack Obama, presidente in scadenza, rischia di pagare duramente la debolezza dimostrata in politica estera, ribaltando anche l’incredibile euforia di quattro anni fa. Per il pubblico mediorientale, nel 2009, Obama fu il presidente americano che aveva deciso di rompere l’equazione islam = terrorismo, superando le teorie dello scontro di civiltà, alle quali si era abbeverata la destra non solo americana e tentando di ricostruire un ponte di fiducia reciproca Oggi l’immagine di Obama nel mondo arabo ha perso un bel po’ di smalto.
Ma nella regione tanto è cambiato dopo il Secondo Risveglio arabo iniziato nel 2011 e per nulla concluso. Perché, allora, si ripetono le scene anti-americane del 2005-2006, quelle scatenate dalle vignette danesi? Perché la reazione è sempre la stessa?
La complessità dell’attuale fase storica vede, nel mondo arabo, singoli capitoli nazionali fatti di rivolte e rivoluzioni una diversa dall’altra. Nella realtà dei fatti ci sono dinamiche differenti a seconda dei paesi toccati dalle manifestazioni di questi giorni.
Ci sono le troppe armi in Libia, le milizie, gli scontenti della transizione democratica in corso a Tripoli, e magari qualche pezzo della rete di Al Qaeda. Le proteste del Cairo sono guidate dai salafiti che chiedono al governo islamista risposte ad alcune importanti richieste sociali della rivoluzione. Conseguentemente gli Stati Uniti c’entrano ben poco, e la protesta anti-americana diventa solo uno strumento per manifestare un malessere latente.
Ne esce un quadro in cui il Secondo Risveglio arabo, con la sua immagine rivoluzionaria e non coordinata, ripropone agli occhi di noi occidentali stereotipi che avevano dimenticato.
Con la primavera araba, l’arabo non aveva più la faccia torva del terrorista, ma quella sorridente di un ragazzo-eroe o di una ragazza coraggiosa. Ora, di nuovo, a campeggiare sui nostri giornali è il branco. Un branco ribelle e violento che minaccia la tranquillità e la stabilità dei Paesi occidentali.