Il modo migliore per rottamare il Pd è far sparire ogni simbolo del partito da manifesti, camper, palco. Questo è il dato visivo evidente della rottamazione renziana che supera la netta linea di distinzione destra/sinistra.
Renzi ha scelto di impostare la sua campagna per le primarie non come un processo tutto interno al partito, più o meno burocratico e più o meno autoreferenziale, ma come la prima fase della sua campagna per guidare il nostro Paese.
Renzi stravolge il linguaggio comunicativo, allontanandosi dall’ortodossia Pd rappresentata da Bersani: per Renzi sono «lavoratori» tanto gli operai quanto gli imprenditori, tanto i commercianti quanto gli artigiani; l’uguaglianza è sempre uguaglianza di opportunità, mai livellamento e cancellazione del merito;la modernità non è un terremoto maligno che distrugge i diritti ma un’opportunità che li moltiplica; libertà d’impresa,creatività individuale e solidarietà sociale non soltanto convivono, ma costituiscono le condizioni migliori per la crescita.
In molti a sinistra, accusano Renzi di essere «di destra », ma dobbiamo ricordare come esistono due sinistre, e i tentativi di farle governare insieme sono sempre miseramente falliti: di questo prese atto Veltroni andando alle elezioni senza Bertinotti. E dunque sarebbe proprio Bersani, qualora stringesse l’alleanza con Vendola, a smentire la vocazione maggioritaria del Pd, non Renzi.
Per me elettore di centro-destra, le idee renziane sono ancora poco audaci circa la riduzione delle tasse e della burocrazia, dovrebbero forse evidenziare in modo più incisivo che l’unica soluzione praticabile sia una drastica riduzione della spesa pubblica e dell’intervento statale nelle nostre vite. Ma l’impronta è chiara e può essere la base per costruire un nuovo schieramento libero dal ricatto delle minoranze organizzate (per esempio la Cgil e la Fiom che pensano solo alla tutela degli insiders, dimenticando i troppi disoccupati) e aperto invece alla stragrande maggioranza degli italiani, i delusi del Pd bersaniano e del Pdl berlusconiano.
La rottamazione di Renzi mette a dura prova tutta la classe dirigente Pd che, guarda caso, decide di cancellare ogni distinzione per unirsi contro la minaccia del sindaco fiorentino. Dalemiani e veltroniani, lettiani e bindiani, post-comunisti e teo-dem divisi sulla legge elettorale, sulle alleanze, sul sindacato, sulla politica economica, sui diritti civili e su pressoché ogni altro tema, sono oggi uniti per difendere Bersani e quindi le loro posizioni oligarchiche.
Il popolo sovrano dovrebbe cogliere questa tendenza e premiare la sfrontatezza, l’intraprendenza, la freschezza di Renzi. In questo modo possiamo avere un rinnovamento reale della classe dirigente.
Vista la fronda anti-renziana della nomenclatura Pd è molto probabile che Renzi non vincerà le primarie ma, l’idea di rinnovamento ch’egli impersonifica è un patrimonio da non disperdere.
Ed allora, se anche Renzi perdesse le primarie, perché la sua corsa a Palazzo Chigi non potrebbe continuare? Io lo voterei, senza alcuna esitazione ….